Un giardino digitale è uno spazio online che unisce gli aspetti di un taccuino a quelli di un blog. In pratica, si tratta di raccolte di pensieri, note o appunti – proprio come si potrebbe fare in uno dei tanti strumenti dedicati – con la differenza che queste raccolte vengono rese pubbliche.

Un giardino digitale è sempreverde e ha bisogno di cure costanti. È qualcosa che permette di inserire concetti non ancora ultimati, lasciando che germoglino e che migliorino con il tempo.

Perché creare questi spazi?

È sempre più presente la necessità di allontanarsi dalla confusione dei social, almeno parzialmente, per ricreare degli spazi creativi e tranquilli. Dei veri laboratori.

I giardini digitali possono riguardare tantissimi argomenti diversi e, tra le caratteristiche pratiche, troviamo:

  • l’essenzialità
  • i collegamenti interni tra le note
  • la crescita continua
  • l’apprendimento reso pubblico
  • l’imperfezione
  • la grafica ridotta al minimo (come l’atto di ripulire il proprio ambiente digitale).

Perché rendere pubblico il giardino?

Per rispondere a questa domanda, prendiamo il libro di Austin Kleon, Semina come un artista. 10 idee per condividere la tua creatività e far conoscere il tuo lavoro.

«Mostrare il tuo lavoro è il motivo per cui la generosità ha la meglio sul genio. Si tratta di essere rintracciabili, di usare la rete invece di perdere tempo in rete. Non è autopromozione, è autoscoperta, lascia che gli altri entrino nel tuo processo, poi lascia che rubino. Pieno di illustrazioni, citazioni, storie ed esempi, Semina come un artista offre dieci regole trasformative per essere aperti, generosi, coraggiosi, produttivi. Perché per essere trovato, devi essere “trovabile”».

Secondo Kleon, la prima cosa che dovremmo fare quando organizziamo le nostre idee è quella di liberarsi dall’immagine di genio solitario che crea brillanti opere dal nulla. Piuttosto dobbiamo considerare il processo di creazione come il risultato di uno sforzo collaborativo (che comprende le connessioni tra le idee). Ecco perché ogni nota non deve essere solo accessibile, ma utile per realizzare cose nuove.

Potrebbe sembrare un concetto abbastanza recente, in realtà il giardino digitale risale al 1998 quando Mark Bernstein introdusse l’idea di Hypertext Gardens.

Negli anni successivi, un giardino digitale si è trasformato in un insieme di azioni che portano a selezionare, riordinare, ripulire, piuttosto che puntare alla crescita e alla coltivazione.

Questa evoluzione è stata presentata in modo ufficiale nel 2015 durante l’intervento di Mike Caulfield, dal titolo The garden and the stream. Dal suo discorso, riportato anche in un saggio, viene evidenziato questo aspetto:

«Il giardino digitale non riguarda strumenti specifici: non è un plugin per WordPress, un tema Gatsby o un modello Jekyll. È un modo diverso di pensare a come ci comportiamo online nei confronti delle informazioni, con il fine di accumulare la conoscenza personale in uno spazio esplorabile».

Dal 2015 c’è voluto ancora del tempo per diffondere questo approccio che sta attirando sempre più l’attenzione delle persone.

Alcuni esempi

L’esperimento di Tom Critchlow:
Experiments in hypertext thinking

Raccolte di libri:
https://highlights.sawyerh.com/

La raccolta dei pensieri di Buster Benson:
https://busterbenson.com/piles/

Le note di Andy Matuschak
Andy Matuschak

Il giardino digitale di Maggie Appleton
https://maggieappleton.com/garden

Si tratta di spazi che mettono in relazione i pensieri, che vanno oltre il concetto di blog che punta a visualizzare gli articoli in ordine cronologico. Vuol dire avere la possibilità di unire i puntini tra diversi elementi e questo può avvenire solo mettendo le informazioni nello stesso spazio. E lo spazio che raccoglie e organizza i puntini è una base fondamentale per il pensiero e la creatività.

Le idee non arrivano dal nulla, ma da materie prime, da altre idee o dal nostro modo di osservare il mondo. E per quanto il giardino sia pubblico, le note parlano a noi stessi. Quando si scrive, non si indirizza il testo a un possibile pubblico (cosa che invece accade spesso nei blog o nelle newsletter). Ci si concentra solo su ciò che si vuole conservare, anche se si tratta di pensieri incompleti. Anzi, queste parti possono essere collegate accompagnando il lettore nel processo di elaborazione delle proprie idee.

Quando è il caso di pensare a un giardino digitale o, comunque, a un unico strumento per gestire note e idee?

Si può andare avanti senza struttura fino a quando non si avverte un senso di oppressione nel percepire che le informazioni sono così disordinate da travolgerci e scoraggiarci. Queste sensazioni di solito portano ad abbandonare i progetti, i contenuti, gli aggiornamenti per metterci alla ricerca dello strumento perfetto che in realtà non arriva.

Ogni giardino è unico per ogni persona che lo guarda, perché le interpretazioni delle note presenti possono essere molto diverse.

Guarda un possibile processo che porta alla realizzazione di un articolo:

  • Fase 1: fermare note, idee, intuizioni, ispirazioni al volo
  • Fase 2: unire le note e lasciare che i pensieri si concretizzino lavorando allo sviluppo della fase 1
  • Fase 3: seguire una struttura per incasellare i pensieri sviluppati nelle precedenti fasi e ottenere il formato richiesto
  • Fase 4: raccogliere ed essere pronti a riusare o a trasformare i formati realizzati.

Il fine di tutto è quello di creare non dal nulla, ma attingendo al nostro giardino digitale. Perché in fondo prendersi cura del nostro giardino significa prendersi cura della nostra mente.

Questo argomento è strettamente collegato alla gestione della conoscenza personale che avevamo visto qui: La risposta alla domanda fondamentale su come organizzare la conoscenza.