«Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione.»

Queste forme di vita credono anche che delegare sia difficile.

E hanno ragione! Ma…

C’è sempre un ma.

Ci sono delle attenzioni che si possono seguire per fare in modo che il processo di delega sia il più funzionale possibile.

Lasciamo sola – sul piccolo pianeta – la categoria di chi non delega solo perché crede di non averne bisogno, di voler essere indipendente, di perdere troppo tempo nella spiegazione di determinate attività.

In questi casi, la questione si risolve con un’attesa paziente… come in questo quadro 😄

(Eduard von Grützner – A seated monk with a tankard , 1904)

Concentriamoci, invece, sulle persone che delegano – o che hanno provato a delegare – ma che hanno dovuto affrontare uno dei principali problemi che questa azione può portare con sé: la delega boomerang.

Con delega boomerang si intende quella condizione che porta il delegante a riprendere delle attività già svolte da qualcun altro – quindi attività già delegate – per rifarle diversamente.

Si tratta di un effetto negativo che può verificarsi per tantissimi motivi:

  • mancanza di fiducia
  • poca chiarezza nel lavoro da svolgere
  • differenti aspettative
  • persone con competenze diverse da quelle necessarie
  • continuo confronto con i processi di delega di altre realtà
  • eccessivo controllo
  • falsa ricerca della perfezione
  • mancata accettazione del fatto che persone diverse faranno cose diverse con modalità diverse
  • concezione errata delle tempistiche (“ha finito il lavoro in due ore e io lo avrei fatto in 10 minuti”)

E tante altre cose belle…

Purtroppo quando si verifica il fenomeno della delega boomerang è difficile recuperare la collaborazione:

  • chi delega avrà la sensazione di perdere un sacco di tempo e di dover continuare a controllare i lavori futuri
  • chi prende in carico l’attività delegata si sentirà come un sorvegliato speciale, sempre messo alla prova, e non avrà la giusta serenità e motivazione per lavorare bene

La colpa, se così possiamo chiamarla, difficilmente è solo da una parte. Nella maggior parte dei casi e per tornare alla nostra galassia, si tratta di pianeti che non sono fatti per collaborare insieme.

È anche vero che non è così semplice e nemmeno giusto interrompere le collaborazioni, ma ci sono alcune cose che si possono fare per limitare il problema della delega boomerang.

1. Limitare il confronto

In modi e tempi diversi, ognuno di noi ci casca almeno una volta durante il proprio percorso professionale.

Caschiamo nel confronto rispetto alle vite degli altri e nel mettere sulla bilancia le diverse situazioni.

Tutto questo riguarda anche i paragoni che si fanno con le modalità di delega di altri gruppi di lavoro, portando a credere che le collaborazioni delle altre aziende funzionino meglio perché loro (“gli altri”) hanno trovato le persone giuste (“e noi no”), perché il lavoro è diverso (“il nostro è più difficile”), perché la vita degli altri è più semplice (“la nostra è un grande caos”), perché, perché, perché…

Per farti capire cosa intendo, prendo come esempio il mondo cinofilo che frequento per pura passione.

Ho perso il conto delle persone che, vedendo un cane educato – che riesce a stare da solo, che non tira al guinzaglio, che sa dove fare i bisogni e così via – credono di poter ottenere gli stessi comportamenti per osmosi.

Il pensiero che hanno è che basti prendere un cane dello stesso tipo per ritrovarsi magicamente nella stessa situazione. E finiscono per portare a casa un cucciolo, uguale uguale, che immancabilmente tireranno su come Godzilla.

Perché vogliono il risultato, non la strada per raggiungerlo.

Proprio come chi, dopo aver visto il film con il cane che aspetta il proprietario alla stazione, si ritrova con fido che non ha la minima intenzione di attendere l’umano. Figuriamoci in stazione.

Questo avviene quando ci si dimentica di un piccolissimo particolare… per ottenere certi risultati, il proprietario del cane educato si è fatto un mazzo tanto. Non si è basato solo su paragoni e confronti, ma si è messo a lavorare sulla propria vita con il cane. A volte facendo un passo avanti e dieci indietro, a volte modificando alcune cose, a volte analizzando diversi comportamenti.

Come?

Con costanza, coerenza e ascolto delle esigenze.

E la delega funziona allo stesso modo: con costanza, coerenza e ascolto delle esigenze.

Senza dimenticarsi del fattore tempo.

Quando si mettono a confronto due o più situazioni, i danni maggiori arrivano quando si trascura lo storico.

Alcuni processi di delega sono in piedi da anni e funzionano grazie anche alle continue modifiche apportate nel corso del tempo.

Va da sé che, se noi siamo al giorno zero della delega, è abbastanza inutile fare un confronto con chi è al giorno 3.287.493.827.483.274.

E se proprio ci teniamo a prendere come riferimento altri casi di delega, facciamolo con situazioni che mostrino gli stessi ingredienti.

2. Puntare tutto sulla comunicazione

Un processo di delega funziona quando si riesce a trovare la chiave per comunicare in modo efficace e chiaro.

Comunicare in modo chiaro significa inserire questo fattore al primo posto nei comandamenti aziendali e professionali.

L’esempio perfetto è quello di Basecamp che ha condiviso il proprio modo di comunicare internamente, dando molti spunti utili già analizzati tempo fa su Telegram.

Il team di Basecamp ha investito del tempo per definire i punti che per loro sono fondamentali per lavorare meglio, partendo – guarda un po’ – dalla comunicazione. Non si è fermato a parlarne tra loro. No.

Ha fatto una pagina e l’ha resa pubblica. Ha dichiarato le intenzioni.

La delega boomerang parte da quello che Basecamp usa come mantra:

«Una cattiva comunicazione crea più lavoro.»

Crea più lavoro perché il risultato che si ottiene non è quello desiderato, mettendosi a rifare i compiti per tanti motivi diversi.

“Non ho comunicato bene le mie aspettative e ho attirato le persone sbagliate.”
“Le persone sono in gamba, ma io non ho dato le informazioni corrette.”
“Non riesco ad accettare il fatto che le cose da fare possano avere sfumature diverse e penso che ci sia solo il mio punto di vista da seguire.”

Queste e altre mille considerazioni sono legate e saldate alla comunicazione. Più è chiara e meno problemi si avranno con la delega.

È abbastanza ovvio da specificare, ma la comunicazione chiara riguarda tutte le parti coinvolte e si può dire che una collaborazione funziona quando diventa naturale anticipare aggiornamenti, novità, problemi o altro.

Una comunicazione ben collaudata allontana la spiacevole sensazione di non sapere cosa stia facendo l’altra persona o di ritenere che basti stare dietro la sua sedia, in stile avvoltoio, per verificare il lavoro svolto.

Ma non solo, aiuta ad allontanarci dal fattore tempo che porta a credere che una persona in ufficio – o solo perché ha compilato il timesheet delle attività – sia più produttiva di un’altra (potrei scrivere almeno dieci libri solo sui timesheet aziendali…).

3. Tracciare il percorso con le liste di controllo

Spesso si crede che checklist e procedure servano solo per organizzare meglio il lavoro, ma non si tratta solo di questo.

Una lista di controllo permette di non dimenticare le cose da fare, ma soprattutto dà un segnale di arrivo.

Avere dei punti definiti aiuta a non andare oltre perdendo tempo su attività già eseguite. Significa dare concretezza alle attività delegate conoscendo i piccoli passaggi che verranno svolti.

In poche parole, si limita il problema della ricerca continua della perfezione perché chi delega e chi svolge le attività avranno una strada tracciata.

C’è una bella differenza tra aprire un sentiero inesistente e seguirne uno già segnato.

Per non andare fuori strada, è importante mettere dei punti ristoro lungo il percorso di collaborazione, soprattutto quando il processo di delega è agli inizi.

I punti ristoro sono utili per fermare il fenomeno chiamato The Seagull Effect (l’effetto gabbiano) che deriva dal libro del 1985 di Ken Blanchard e Spencer Johnson, The One Minute Manager.

Con questo fenomeno si identifica l’atteggiamento di chi arriva all’ultimo minuto nel momento sbagliato, fa molto rumore, scarica su tutti lasciando un gran disordine alle spalle e poi vola via.

In riferimento alla delega, significa far presente che il lavoro svolto non è in linea con le aspettative quando ormai è troppo tardi, quando viene raggiunto il 90% o il 100% del compito da svolgere.

Per evitare l’arrivo del gabbiano, è fondamentale stabilire dei punti intermedi di verifica per avere la certezza di essere sulla strada giusta.

Nel libro viene riportato il modello 30-60-90 proprio per stabilire le verifiche intermedie: il primo punto ristoro al 30% del lavoro svolto, il secondo al 60% e il terzo al 90%. Di certo non è una regola scolpita nella roccia, ma il concetto che c’è dietro è fondamentale affinché tutte le parti coinvolte siano allineate sul percorso da seguire e sui risultati da ottenere.

Se sei a zero con la delega, partire da questi tre punti ti aiuterà a collaborare in armonia nella tua galassia.

Per approfondire il tema delega, ecco altri due articoli:
Dimmi come fai la spesa e ti dirò come delegare
Come scegliere l’assistente virtuale per delegare e migliorare il tuo lavoro

E adesso «Addio, e grazie per tutto il pesce».

P.S.: incipit e chiusura arrivano direttamente dalla Guida galattica per gli autostoppisti. Eh sì, sono una grande fan…