Matteo Camurri è iscritto all’ordine dei Dottori Commercialista ed è specializzato nella creazione d’impresa. Aiuta i neo imprenditori ad avviare la loro attività, senza commettere errori e senza farsi schiacciare dalla burocrazia, dalle tasse e dai contributi. Il suo studio professionale si trova a Reggio Emilia, ma grazie all’online riesce a seguire clienti senza limiti geografici.
In riferimento alle professioni digitali, quali caratteristiche deve avere un commercialista per essere di reale supporto a chi svolge professioni digitali?
Mi dispiace ammetterlo, ma la mia professione per molti versi è ancora molto legata al passato e fino ad oggi ha fatto poco (o non abbastanza) per modernizzarsi e per venire incontro alle esigenze delle professioni digitali.
Vedo che molti commercialisti faticano ancora a capire i concetti legati alle professioni digitali del tipo e-commerce, dropshipping, social media e così via.
Lo so perché vengo contattato spesso da colleghi che, sapendo che noi abbiamo molta esperienza nel digitale (visto che lo usiamo in prima persona) ci chiedono informazioni e consigli. E questo non tanto per capire come funziona la parte fiscale, quanto perché non capiscono fino in fondo l’attività dei loro clienti.
Si tratta di un vero problema, perché il commercialista è un partner dell’impresa: se non capisce quello che fai e non ha chiaro il tuo modello di business, difficilmente ti potrà essere concretamente d’aiuto. Oltretutto il mondo digitale è in continua evoluzione.
Quindi per rispondere alla tua domanda bisogna trovare qualcuno che non solo conosca oggi il mondo digitale, ma che abbia passione per questo mondo: solo così avrai la certezza che rimarrà aggiornato su questi argomenti. In caso contrario la relazione diventa difficile da gestire e presenta molti rischi.
Come scegliere il regime fiscale migliore per un professionista che opera nel digitale?
Scegliere il regime fiscale è un aspetto molto delicato per tutti, non solo per chi svolge una professione nel digitale. Sbagliare il regime fiscale vuol dire perdere soldi.
Purtroppo, negli ultimi anni gli errori dei neo imprenditori sono aumentati e in tanti sbagliano per colpa del regime FORFETTARIO.
Premetto che non ho nulla contro questo regime, anzi è veramente utile per un tipo di imprenditore ben preciso. Ma non va bene per tutti.
Il regime forfettario ha determinate condizioni e limiti, soltanto se li rispetti puoi sceglierlo.
Purtroppo, si è diffusa la convinzione che se lo puoi scegliere (perché hai tutti i requisiti), allora ti conviene.
Poterlo scegliere è una cosa. Ma che ti convenga è un’altra.
Ho visto con i miei occhi neo imprenditori che hanno bruciato letteralmente migliaia di euro per colpa di questo regime. Semplicemente perché non era adatto a loro. E chi li assistiti nella fase di scelta non li ha consigliati in modo corretto.
Quindi il regime è qualcosa che va scelto in base alle condizioni personali e a come si vuole organizzare la propria attività.
Quando ti senti di sconsigliare l’apertura della Partita IVA?
Ogni giorno ricevo decine di richieste di aiuto da parte di aspiranti imprenditori che stanno valutando l’idea di aprire la partita Iva, ma hanno mille dubbi o domande. E nel limite del possibile cerco sempre di aiutare tutti. È il mio lavoro e mi rende felice farlo.
C’è però un particolare tipo di messaggio che quando lo ricevo mi spaventa enormemente.
Il messaggio inizia più o meno così:
«Ciao Matteo, la TAL AZIENDA mi assumerebbe a partita Iva, cosa mi consigli?»
Quanto sento frasi come “mi assumono a partita Iva” o “mi hanno chiesto di aprire la partita Iva” mi scatta un campanello di allarme che non posso permettermi di ignorare.
Partiamo dal fatto il termine “assumere” in questo caso viene utilizzato volutamente con il solo scopo di confondere.
Devi sapere che Il datore di lavoro che utilizza durante un colloquio il termine “assumere a partita Iva” lo fa sapendo bene che si trova davanti una persona che vorrebbe un lavoro da dipendente, ma che purtroppo non è ancora riuscito a trovare.
E quindi cosa fa il datore di lavoro?
Sapendo bene che l’idea di aprire partita Iva non piacerà molto al malcapitato – visto che lui cercava un lavoro da dipendente – utilizza il termine “assumere” per aiutarlo ad ingoiare il boccone amaro.
Il termine assumere in questo contesto non significa niente.
Quindi per rispondere alla tua domanda, sconsiglio sempre l’apertura della partita Iva a chi la vorrebbe aprire solo per “sfuggire” alla disoccupazione. E in ogni caso a chiunque non abbia ben chiaro cosa significhi concretamente mettersi in proprio e non sia seguito da un professionista preparato.
Quando, invece, diventa obbligatorio aprire la Partita IVA?
Come prima cosa ci tengo a chiarire un concetto a cui sono molto legato.
Devi sapere che negli ultimi anni ho fatto decine di battaglie contro i siti che riportano consigli errati con l’unico scopo di spiegare nel modo più semplice e chiaro come stanno le cose.
Una delle più famose è quella del limite dei 5.000 euro.
Non so se lo sai ma fino a qualche anno fa tutti erano convinti che se guadagnavi meno di 5.000 euro in un anno non era necessario aprire la partita Iva.
Probabilmente questa storiella l’hai sentita anche tu.
Bene sappi che non è assolutamente vero che se guadagni meno di 5.000 euro non è necessario aprire la partita Iva.
Non esiste alcun limite di reddito che imponga l’obbligo di aprire la Partita Iva.
In nessun caso.
Questo, in PRATICA, significa due cose:
- se superi i 5.000 euro di ricavi non sei obbligato ad aprire la Partita Iva,
- se rimani sotto i 5.000 euro non è detto che tu non sia obbligato ad aprirla.
Quindi i ricavi non sono mai un parametro di riferimento per capire se è arrivato il momento di aprire o meno la Partita Iva.
I parametri da considerare sono due e si riferiscono entrambi alle modalità con cui viene svolta l’attività.
E sono:
- Abitualità
- Continuità
Purtroppo, non esiste una definizione precisa di questi due concetti ed è necessario “interpretarli” in base ai singoli casi.
Per semplificare, potremmo dire che un’attività viene considerata ABITUALE e CONTINUATIVA nel momento in cui è svolta con regolarità.
In quel caso la partita Iva diventa obbligatoria. In caso contrario si può evitare.
Come puoi immaginare essendo parametri non oggettivi vanno valutati di caso in caso e generalizzare è molto rischioso.
Quando non è più sufficiente il regime forfettario?
Su questo ci sarebbe da parlarne molto, ma ci tengo a far passare un concetto molto importante di cui nessuno parla.
Devi sapere che il regime fiscale è stato creato per una sola e semplice cosa: farti pagare le tasse.
Quindi la sua utilità si ferma lì e non va oltre.
Pertanto il regime fiscale va scelto esclusivamente in base alla convenienza fiscale.
Ad esempio, se con il regime forfettario pago tasse 100 e con l’ordinario pago tasse 250, quale scelgo? Naturalmente il forfettario.
Ma nulla vieta all’imprenditore di tenere una contabilità più “strutturata” se la sua azienda lo richiede. Ad esempio, quando hai molti clienti e molti fornitori e i pagamenti non sono pronta cassa. In questo caso può diventare difficoltoso tenere traccia di chi non ti ha ancora pagato o di quanti debiti hai.
In questo caso il forfettario o la contabilità semplificata non ti sono di aiuto ed è facile perdersi.
Nel nostro studio abbiamo molti clienti che hanno una struttura contabile “diversa” dal regime fiscale.
In questo modo raggiungiamo due obiettivi:
– il cliente paga meno tasse possibili
– nello stesso tempo ha una contabilità adeguata a soddisfare le sue esigenze.
Consulenze, vendita di corsi, affiliazioni, sponsorizzazioni… c’è molta confusione in merito ai Codici Ateco, al regime fiscale, alla tassazione. Hai dei consigli da dare per fare un po’ di chiarezza?
Il mio consiglio è: non affidarsi mai ai consigli preconfezionati. So che ognuno di noi vorrebbe risposte semplici a domande complesse, ma non è possibile. Bisogna valutare bene la situazione in cui ci si trova.
Il rischio è di commettere errori e prendere multe salate, oppure di pagare molto più del necessario.
Prendiamo la tua settimana tipo, come organizzi il lavoro con i collaboratori e con i clienti? Quali sono gli strumenti digitali che consideri essenziali?
A tutti i nostri clienti forniamo un software che consente una gestione semplice e ordinata delle fatture. Questo strumento ci permette anche di condividere con loro in tempo reale tutti i documenti, così da rendere la collaborazione rapida ed efficiente.
Per interagire con i nostri collaboratori ci avvaliamo dell’applicativo Teams di Microsoft, una piattaforma che rende particolarmente flessibile l’organizzazione di riunioni e lo scambio di file con un numero pressoché illimitato di utenti.
Ci serviamo anche della GSuite di Google, ideata per il cloud computing e la gestione sicura di documenti.
Quanto tempo dedichi ai momenti di aggiornamento e formazione? Quali sono le fonti principali che non possono mancare?
La formazione è una componente fondamentale della mia professione e ho scelto di dedicarci parecchio tempo.
Per due motivi principalmente:
- mi piace
- è necessaria per poter aiutare i miei clienti nel modo migliore
Per la formazione professionale mi rivolgo ai due top del settore che sono Sole 24 ore ed Euroconference. Realizzano periodicamente corsi di formazione di grande validità che ci permettono di offrire servizi sempre aggiornati e altamente professionali ai nostri clienti.
Chi è Matteo Camurri
«Mi chiamo Matteo Camurri, sono laureato in economia e commercio, dal 2007 sono Iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti. Sono il fondatore del PRIMO studio di Commercialisti in Italia specializzato nella Creazione d’impresa. Sposato con Roberta e padre di due figli Mattia e Camilla.»
Per saperne di più: https://www.avviareunimpresa.com/test-regime-fiscale-migliore-per-te