Temi trattati

  • Chi sono le persone che si prendono cura di altre persone
  • L’importanza del tempo per sé
  • Il peso enorme della burocrazia
  • Come si organizzano le persone che danno assistenza
    • Organizzare i medicinali
    • Organizzare i calendari
    • Usare quaderni e diari
    • Digitalizzare i documenti
    • Mettere ordine tra le informazioni che si trovano su Internet
    • Organizzare lo spazio fisico
    • Usare altre app utili
  • L’importanza di avere degli schemi e delle abitudini
  • La musica che aiuta a sentirsi meglio
  • Riferimenti, ringraziamenti e conclusioni

ll 20 maggio si celebra il World Organizing Day (WOD), la giornata mondiale dell’Organizzazione promossa dalla International Federation of Professional Organizing Associations (IFPOA). 

Avevo una semplice idea in mente, quella di realizzare un articolo a tema organizzativo che fosse davvero utile. Utile soprattutto per le persone come Carmelina, che ha raccontato la sua storia di caregiver in una delle puntate del podcast di Selvaggia Lucarelli, “Ep.68 – Caregiver non significa eroe”.

Ho trovato questa testimonianza molto vera, che riesce a sottolineare l’importanza di azioni pratiche, oltre che di supporto.

Quando ho iniziato a scrivere il testo, mi sono resa conto che mi mancavano delle “voci”. Altri punti di vista che sarebbero stati di grande aiuto.

Ho pubblicato un post sul mio canale Telegram, pensando di ricevere solo qualche spunto qua e là sull’organizzazione. Quanto mi sbagliavo… Le persone che hanno scritto lo hanno fatto a cuore aperto.

Ecco perché, da dei semplici spunti che avrei voluto dare, è nato un articolo che definirei collaborativo e che spero evolva nel tempo. Le idee girano sempre intorno al tema dell’organizzazione, perché quello faccio, ma sotto c’è molto di più.

Nessuna pretesa di risolvere questioni così enormi, ma se con questi contenuti riuscissi a portare lo 0,0001% di utilità sarebbe un enorme regalo.

Chi sono le persone che si prendono cura di altre persone

Genitori che si prendono cura di figli con disabilità, malattie gravi, diversi tipi di sindromi, forme di autismo. Figli che si prendono cura di genitori non più autosufficienti. Partner, fratelli, sorelle, parenti che si occupano di coniugi, partner o altri parenti, ma anche tutte le persone nelle comunità che aiutano altre persone.

In generale, persone che si prendono cura di persone non autosufficienti.

«Sono caregiver di mio marito: emorragia cerebrale nell’agosto del 2021, coma di 5 settimane, risveglio, 6 mesi di ospedale a 60 km da casa. Ritorno a casa su ruote, con pannoloni, memoria a breve termine compromessa. Abbiamo lavorato tanto, così tanto che oggi abbiamo avuto un colloquio in comune per iniziare un percorso di volontariato, propedeutico ad un lavoro protetto in futuro. Per affrontare “la scalata dell’Everest in infradito”, mi sono organizzata in una maniera bestiale: lavagne ovunque, Alexa, Sveglie, Raccolta fondi, To do list di ogni sorta. Credo che sarebbe utilissimo che venisse istituita la figura di un tutor, una guida. Subito, appena si entra nel mondo della disabilità, ci vorrebbe appunto una figura a guidare chi si deve occupare del disabile. A chi chiedere i pannoloni? A chi rivolgersi per gli ausili? Quali sono i diritti? Quando si è dentro ad una tragedia, è impensabile risparmiare energia mentale per affrontare tutta la valanga di problemi e difficoltà, considerando che nel momento stesso in cui si è travolti, la lucidità viene completamente oscurata da ansia, preoccupazione e timore di non farcela. La peggiore sensazione che ho provato è stato il mix senso di abbandono e senso di impotenza. Mi sono confrontata in questo lunghi mesi con molte famiglie: tutte lamentano lo scarso supporto.» (La testimonianza di Arianna, moglie di Niki)

Dopo appena un mese di matrimonio, in quello che dovrebbe essere uno dei periodi più belli della vita, Arianna ha iniziato “la scalata dell’Everest in infradito”. Credo che questa sua definizione renda perfettamente l’idea di quello che si debba affrontare quando la vita decide di mescolare le carte.

A definire meglio la situazione dei caregiver in Italia, ci hanno pensato Alessandra Corradi e Giovanni Barin, rispettivamente Presidente e Vicepresidente dell’Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti.

Sono entrambi genitori di figli con disabilità e hanno pubblicato il libro L’esercito silenzioso – i caregiver familiari, che descrive anche le azioni intraprese per il riconoscimento del caregiver familiare come lavoratore.

Attraverso un questionario che hanno lanciato nel dicembre 2019, le risposte emerse rappresentano un vero grido, un urlo umano che chiede riconoscimenti, aiuti, chiarezza, comprensione, dignità.

Con il loro lavoro, non solo chiedono il riconoscimento della categoria dei caregiver, ma «la dignità per tutte le persone che annullano la propria vita perché lo Stato non si è evoluto al passo con i tempi».

«La condizione del caregiver è molto delicata, queste persone spesso sole e non seguite assolutamente dai servizi (anzi esiste un ampio florilegio di aneddoti in cui il caregiver cerca aiuto e ha dei feedback tremendi da assistenti sociali, dipendenti ASL/ATS, medici, ecc..), alienate da quello che è una vita “normale” con ritmi veglia/sonno squilibrati, socialità assente, cura di sé trascurata, svago impossibile ecc. finiscono per cadere preda della depressione e sviluppare tutta una serie di malesseri fino alle psicosi o peggio. Come associazione abbiamo sempre cercato di fare informazione e denuncia su questo aspetto, che è molto ignorato, non considerato nella sua effettiva gravità.»

C’è la necessità di avere un supporto psicologico, ma anche delle pause e del tempo per sé.

«Io vorrei anche soltanto un’ora per me stessa. Per le mie cose. Per ricaricare le pile. Invece non posso nemmeno ammalarmi. Non si dorme mai. Devo sempre essere vigile. In realtà non c’è nessun compenso valido in termini di denaro che possa lontanamente ridarmi un po’ di VITA! Perché di questo si tratta. Noi caregiver non viviamo. PUNTO. Siamo l’ombra della persona cara che assistiamo.»

Per sottolineare l’importanza del supporto psicologico, ho chiesto aiuto alla dott.ssa Silvia Spinelli, conosciuta come La Psicologa Silvia:

«Essere un Caregiver e occuparsi di un familiare che ha bisogno di assistenza genera un carico che può essere molto pesante e difficile da affrontare, fino a configurarsi come una vera e propria sindrome, che è stata definita come “sindrome del Caregiver” “sindrome di Burden”, parola che in inglese vuol dire appunto fardello, carico.

Il Burden del caregiver familiare è quindi l’onere della cura, anzi GLI oneri, perché investono ogni campo della vita: fisico, economico, sociale (limitando le possibilità di vivere momenti di svago), emotivo e psicologico.

Si manifesta in modo simile al burn-out lavorativo, con disturbi del sonno, dell’appetito, dell’umore, irritabilità, ansia e agitazione, sensazione di inadeguatezza, somatizzazioni.

Non è questo lo spazio per approfondire, ma è molto importante porre l’attenzione su un aspetto: spesso i sentimenti ambivalenti che accompagnano l’attività del caregiver (la rabbia, la frustrazione, il senso di ingiustizia, il desiderio di fuggire o di prendersi del tempo per sé etc…) vengono vissuti con disagio e senso di colpa, e si mettono in campo molte energie per allontanarli da sé o combatterli, innescando una battaglia con se stessi o tentando di anestetizzarsi per non sentirli più.

È invece fondamentale riconoscerli come normali, accettabili, parte di un processo molto impegnativo; provarli è umano e non toglie nulla al rapporto affettivo con il nostro caro; meno cercheremo di combatterli e meglio staremo, perché il benessere non passa mai dall’evitamento delle emozioni sgradevoli, bensì dalla loro accettazione.»

L’importanza del tempo per sé

«Se le condizioni di vita sono pessime per il caregiver, ve lo immaginate come sta la persona assistita?»

È normale, oltre che vitale, prendersi del tempo per sé. E questa necessità aumenta quando si vivono situazioni complesse.

«Chi si trova in queste situazioni spesso si sente abbandonato a se stesso, è difficile anche sapere quali possibilità ci sono di avere un supporto o quale sia il percorso da intraprendere per ottenerlo, il tempo da dedicare è già limitato e la burocrazia ne fa perdere un bel po’.» (Riccardo Simoncelli, opera nel volontariato da quasi quarant’anni e in Croce Rossa da sei come operatore nel sociale)

Conosco solo in parte il mondo della mindfulness, ma ho la fortuna di conoscere Maria Giovanna Oggero, Mental Coach e Mindfulness Trainer. Le ho, quindi, chiesto un mini esercizio di respirazione consapevole da mettere subito in pratica. Ed eccolo qui:

Prenditi un minuto per te.
Fai 5 respiri profondi. Dividi ogni atto respiratorio in 4 tempi, ciascuno di 3 secondi.

Inspiri… l’aria ti nutre
Trattieni… rimani presente
Espiri… avverti un maggiore radicamento
Fai una pausa… liberi la mente

Inspiri… riempi i tuoi polmoni
Trattieni… raggiungi una profonda centratura
Espiri… liberi il dispiacere
Fai una pausa… ogni respiro è diverso dal precedente

Inspiri… allarghi mente e corpo
Trattieni… ritrovi stabilità e motivazione
Espiri… lasci andare le preoccupazioni
Fai una pausa… ora puoi ricominciare

Inspiri… entra amore
Trattieni… ti riconnetti con il tuo io
Espiri… svuoti i polmoni
Fai una pausa… la tua mente è leggera

Inspiri… ritrovi forza
Trattieni… sei semplicemente tu
Espiri… alleggerisci i pesi
Fai una pausa… adesso scegli di agire

Naturalmente la mindfulness non è esclusivamente questo e, per approfondire, vi consiglio di visitare il sito www.mariagiovannaoggero.it e anche il canale Telegram Salute Mindful.

L’attenzione sul respiro, e non solo, dà nuova forza. 

Il peso enorme della burocrazia

«Aiuterebbe tantissimo se gli enti statali parlassero tra loro per evitare chi, invece di portare carte da una parte all’altra, preferirebbe occuparsi della persona in difficoltà.» (Marta, che si prende cura di sua figlia autistica)

«Ho una mamma non più autosufficiente, con Alzheimer. Voi non avete idea di quale iter burocratico e giudiziario sia nominare qualcuno, fosse anche un figlio, amministratore di sostegno» (Roberto)

Dai commenti raccolti, la burocrazia è una delle più grandi sfide pratiche da affrontare.

Mi piacerebbe avere la soluzione per snellire l’iter burocratico, ma non saprei come fare. Spesso è un incubo per chi non ha particolari problemi, figuriamoci per chi deve gestire aspetti della vita molto più difficili.

Credo che, al momento, solo la condivisione dei problemi che si riscontrano possa portare a un circolo virtuoso di consigli, magari da parte di chi c’è già passato.

Come si organizzano le persone che danno assistenza

«Mia moglie ed io ci prendiamo cura di sua madre da circa 7 anni, che è totalmente disabile. Abbiamo deciso di non affidarci a una badante ma di fare tutto tra di noi. Per farla breve, ci organizziamo così: quando mia moglie lavora, io sono a casa e viceversa. A me capita quasi sempre il mattino perché sono un lavoratore autonomo e posso organizzare il mio tempo con relativa elasticità. Il mio impegno è di circa 5 ore al giorno (in cui sono da solo), poi quando siamo in casa insieme, ci alterniamo nelle varie faccende. Non saprei se uno strumento analogico o digitale potrebbe aiutarmi a ottimizzare meglio i tempi e non saprei neanche dirti se mi servirebbe davvero, perché occuparsi di una persona 100% disabile ti prende completamente.» (Luigi)

Ogni caregiver cerca di trovare la “quadra”, una sorta di equilibrio che, seppur precario, permetta di gestire al meglio le cose da fare, il tempo e le necessità di tutte le persone coinvolte. Direi che questa categoria acquisisce in automatico la cintura nera per la gestione degli imprevisti.

Anche una comunità religiosa ha voluto condividere la sua esperienza. Le sorelle inferme da assistere sono quattro, ma la presenza di più persone consente una buona rotazione e la struttura ben scandita della giornata consente anche alle inferme di non sentirsi del tutto tagliate fuori dalla vita di comunità.

Ma vediamo alcuni aspetti da organizzare.

1. Organizzare i medicinali (e anche le visite o le terapie)

«Quando ci sono tante medicine da prendere e la persona è accudita da più persone, si pone il problema di tenere sotto controllo chi ha dato/cosa e il sottoscorta delle medicine. Io gli ho preparato un file Excel che inizia ad aiutarli, perché così chi dà la medicina alla persona, poi vista sul foglio con la penna.» (Adriano)

«Ricordarsi i medicinali, nel giusto ordine e non confondersi se lei si confonde e non ricorda di averli presi.» (Valentina)

Il planner dei medicinali

Come tenere sotto controllo le scorte, le date di scadenza e le somministrazioni?

Ci sono diverse soluzioni:

  1. Usare un planner come questo realizzato in Google Sheets*:

*Come usare i planner realizzati con Google Sheets:
Per chi ha un account Google: cliccare su File » Crea una copia. In seguito, salvare il nuovo file nel proprio spazio di Google Drive e iniziare a usarlo o personalizzarlo.
Per chi non ha un account Google: cliccare su File » Scarica. Scegliere il formato preferito tra quelli disponibili e aprire il file scaricato con, ad esempio, Microsoft Excel.
Il file ha due fogli: uno a colori per l’uso online e uno in bianco a nero più indicato per la stampa.

  1. In strumenti come Todoist, si può creare il progetto o le sezioni “Visite” e “Medicine”, per segnare le informazioni più importanti (indicazioni del medico, necessità di ricette, importi, date di scadenza e date ricorrenti). La stessa cosa può essere fatta con Google Keep o con altri strumenti che permettono di aggiungere categorie, scadenze e promemoria. Per le persone abituate all’uso del digitale, può essere utile un database fatto in Notion.
  2. Segnalo, inoltre, l’applicazione TT-No Waste, creata per aiutare le persone a sprecare meno cibo, meno farmaci e a ridurre lo spreco in generale. Ecco una veloce anteprima:

Il planner dei sintomi

Nel corso del tempo, può essere utile tenere sotto controllo i sintomi della persona che si assiste. Il file che propongo è sempre realizzato con Google Sheets, si basa su un aggiornamento mensile da mantenere online oppure in versione stampata.

L’idea è quella di suddividere per colore le aree da monitorare (aspetti cognitivi, mal di testa, digestione, movimenti fisici…), scrivere i sintomi nella prima colonna, riportare il mese di riferimento e inserire eventuali note.

Le caselle servono per segnare quotidianamente la presenza o meno del sintomo indicato nella prima colonna. Se compilato online, la colonna del totale mostrerà il conteggio delle caselle spuntate.

2. Organizzare i calendari

Lo stesso concetto di planner si può adattare alla versione a calendario, cartaceo e digitale. Come dice Sara, sia per le cure personali sia per gli aspetti amministrativi.

«In questi casi sono molto utili le tabelle settimanali con segnate le varie esigenze legate alla cura di sé: fare le unghie, pulire le orecchie, fare la doccia ecc. Quando lavoravo in comunità erano i nostri salvavita. Anche tabelle o reminder sulle scadenze amministrative sono fondamentali. In generale ci aiutava anche creare tabelle e calendari da appendere in casa: ci occupavamo di persone con disabilità mentale che non sapevano leggere quindi le tabelle erano disegnate coi dei segnali che indicavano il giorno e si spostavano durante la colazione. Le routine erano molto utili proprio per aiutare loro a gestire il tempo (orari dei pasti fissi, attività ricorsive sempre negli stessi giorni e orari).» (Sara)

È anche un modo per segnare la parte di stimolo cognitivo e intrattenimento.

«Abito a 100 km di distanza dai miei genitori che nel 2019 a 6 mesi di distanza hanno avuto un ictus. Sono figlia unica e cercare di capire cosa fare e come farlo in fretta è stato decisamente massacrante. Una volta organizzate 2 persone in assistenza e avviata una certa routine che mi garantisse di tornare a dormire di notte a casa mia, mi sono resa conto che manca completamente la parte di stimolo cognitivo e intrattenimento senza il quale si peggiora in fretta. Ho addirittura creato e pubblicato due quaderni pensando a mia mamma, un quaderno da colorare con frasi motivazionali e un diario dei ricordi da compilare insieme che vengono utilizzati purtroppo solo durante le mie visite.» (Isabella)

Tra i calendari cartacei più utili, riporto questo esempio che aiuta a tenere sotto controllo gli impegni delle persone coinvolte, dedicando ogni colonna a un nome.

Anche un calendario digitale può essere organizzato per aree, usato come promemoria e condiviso con altre persone. Vediamo come fare con Google Calendar:

3. Usare quaderni e diari

«Seguo mia madre da 4 anni in seguito a un incidente in casa che le ha causato la frattura scomposta del femore e 5 costole. Anch’io sono d’accordo per la questione delle medicine, ma proporrei anche un diario giornaliero per segnare cosa mangia, le visite mediche con il referto e salvaguardia di eventuali PDF. Per me il problema fondamentale è poter conservare uno storico. Sia delle cure che le eventuali problematiche dovute ad alimenti che la persona non ha sopportato bene.» (Giulia)

Per chi ama la carta, in commercio esistono infiniti modelli di diari, agende o quaderni. Si va da strutture più libere come quelle del Bullet Journal e dell’agenda del viaggiatore, a strutture più definite e solitamente annuali, fino ad arrivare al diario dei 5 anni che permette di vedere di anno in anno i cambiamenti.

«I miei genitori sono autonomi nel muoversi e ancora centrati a livello cognitivo, però mi rendo conto che fargli scrivere le domande da porre al medico spesso si è rivelato utile. Anche come placebo per placare un minimo l’ansia della visita o puro promemoria.» (Marta)

In alcuni casi, trovo molto utile lasciare che sia la persona assistita a scrivere dubbi, domande, richieste, bisogni, necessità. Come dice Marta, aiuta a vivere meglio le visite e allena la memoria.

«E come sempre, con te, bisogna procedere per tentativi. Le nostre conversazioni sulle tue condizioni di salute sono scandite da congetture e ipotesi. Sembriamo un piccolo gruppo di eletti – io, il babbo, la tata -, un po’ rabdomanti, un po’ investigatori privati. Raccogliamo indizi, ci esaltiamo per un’intuizione che lì per lì ci convince appieno e dopo un po’ si rivela fasulla.» (dal libro Come d’aria, di Ada D’Adamo)

In altri casi, la persona assistita non è in grado né di scrivere né di esprimere a parole i propri bisogni. Per i e le caregiver, tutto diventa una grande ipotesi.

In queste situazioni, chi dà assistenza può usare la scrittura con un duplice scopo:

  • quello di storico che aiuterà a riconoscere dei segnali che si sono già verificati, per poterli gestire al meglio;
  • quello psicologico per fare chiarezza e portare fuori il groviglio che si sente dentro.

Scrivere fa bene e non è solo un’azione pratica. Per approfondire i benefici della scrittura, Alessandra Perotti ha scritto il libro Scrivere per guarire. Manuale di scrittura terapeutica.

«Scrivere per guarire? Possiamo permetterci un’affermazione di questo tipo? Oggi sì, perché gli studi, le sperimentazioni e le testimonianze ci autorizzano a dire che la scrittura è terapeutica: scrivere fa bene, ci aiuta a ritrovare consapevolezza e benessere, a entrare in connessione con la parte più profonda di noi stessi, chiarendo i nostri obiettivi e portando sollievo ai disagi dell’esistenza.» 

4. Digitalizzare i documenti

«C’è anche la persona con disabilità che si prende cura di genitori che iniziano ad avere una certa età, oltre che di se stessa. Penso che la cosa utile sia una sorta di calendario/lista su visite da fare, già prenotate e fatte. Un diario per segnare valori precisi come pressione arteriosa, valori glicemia, febbre… Per i pazienti cronici sarebbe utile organizzare i referti in ordine cronologico in base alla specialità. Mi spiego. Reumatologo: referti del medico tutti in ordine+esami del caso, e tenere i più recenti a vista. Ha patologie connesse ma secondarie, metterle in un sottogruppo ma non meno importante.» (Marta)

Marta ha una storia particolare visto che lei stessa è una persona con disabilità che sta affrontando il passare degli anni dei suoi genitori. Grazie al suo commento, vorrei indicare alcune soluzioni per organizzare i documenti.

Per i referti medici e altri documenti cartacei, può essere utile usare delle cartellette trasparenti con etichette o linguette che indicano il contenuto. In questo modo, sarà possibile trovare facilmente il documento desiderato senza dover cercare tra mille fogli sparsi ovunque.

Un’altra soluzione consiste nell’utilizzare dei raccoglitori a fisarmonica, suddivisi per categoria o per periodo di tempo, oppure dei quaderni con dei divisori o separatori che permettono di prendere appunti e annotazioni in corrispondenza del documento.

Esistono anche delle app che permettono di digitalizzare i documenti cartacei tramite lo smartphone, riducendo la necessità di tenere una copia cartacea. Alcune delle più utilizzate sono:

Il cloud aiuta a gestire e conservare i file e le immagini, permette di fare dei backup di sicurezza e di condividere le cartelle o i documenti. In questo caso, si possono utilizzare Google Drive, Dropbox o OneDrive.

Ciò che conta è trovare un sistema di organizzazione che sia funzionale e che permetta di trovare facilmente ciò che si cerca, evitando di perdere tempo e di creare confusione.

5. Mettere ordine tra le informazioni che si trovano su Internet

«Mentre io e te eravamo ancora in ospedale, era toccato ai familiari e agli amici più intimi avventurarsi in Rete, in cerca di informazioni sull’oloprosencefalia. Lo avevano fatto timidamente, riferendo poi notizie vaghe e incerte. Su Internet si trova di tutto. Se vuoi farti male, accomodati. Io ci ho messo un po’ a orientarmi, a capire cosa fosse meglio evitare (per esempio le fotografie di neonati o di feti dal volto deforme) e cosa poteva servirmi. […] Poi a servirmi sono state soprattutto informazioni pratiche, talvolta vere e proprie strategie di sopravvivenza. Cercavo un come. E in questo le risposte dei genitori sono state preziose. Imparavo che eravamo più o meno tutti nella stessa barca: attacchi epilettici, disfagia, reflusso, secrezioni nasali, disturbi del sonno, crisi di pianto prolungate. E poi diabete insipido, spasticità.. Grazie ai consigli di qualche mamma americana ho trovato un piccolo sedile di gomma dentro il quale, dai sei mesi in poi, finalmente sei riuscita a stare seduta per un tempo prolungato senza lamentarti, come accadeva invece se ti mettevo in un passeggino normale. Era un sedile molto simile a un vasino» (dal libro Come d’aria, di Ada D’Adamo)

Quando abbiamo identificato delle fonti che meritano attenzione, possiamo gestirle in modi diversi:

È sufficiente un unico strumento da scegliere in base alla nostra attitudine che ci porta a usare la tecnologia. Deve essere qualcosa di pratico e che amiamo usare, altrimenti rischiamo di abbandonarlo per tornare ad avere le informazioni sparse ovunque.

6. Organizzare lo spazio fisico

«Palle e palline di diverse grandezze e colori; spugnette morbide ruvide rugose; gomitoli, collane e stoffe fluorescenti; bastoni della pioggia, bottiglie e barattoli riempiti di riso, pasta, monete, sabbia colorata; sonagli da polso e lucine da dita: presto la casa è diventata la succursale di un ambiente per la stimolazione sensoriale. Eri ancora uno scricciolo, sdraiata sul tappeto sotto la tua giostrina alla quale attaccavamo oggetti di nostra creazione, rimpiazzando quelli in commercio per i bambini normodotati.» (dal libro Come d’aria, di Ada D’Adamo)

Tra i contenitori più pratici per tenere in ordine diversi tipi di oggetti, i cestoni sono tra quelli più versatili:

Mentre i contenitori trasparenti permettono di ritrovare gli oggetti con più facilità e sono molto utili per i medicinali:

l tutto segnato con etichette o altri tipi di identificatori.

7. Usare altre app utili

Maya, per monitorare il ciclo mestruale.

Yuka, per un modo più consapevole di fare la spesa grazie alle scansioni delle etichette dei prodotti alimentari e dei cosmetici.


L’importanza di avere degli schemi e delle abitudini

Mantenere le proprie abitudini, gli stessi orari e la disposizione degli oggetti può essere utile. In alcuni casi, soprattutto con le persone anziane, introdurre dei cambiamenti gradualmente, ma mantenendo degli schemi noti, può rassicurare le persone che affrontano l’avanzare dell’età.

Questo concetto è spiegato molto bene nel video suggerito da Stefano, che riporta la storia di Marisa:


La musica che aiuta a sentirsi meglio

La musica ha un ruolo fondamentale nella nostra vita ed ecco due playlist da ascoltare:

Mi piacerebbe che anche queste playlist fossero collaborative, aggiungendo le canzoni che vi fanno sentire bene.


Riferimenti

Il ricavato dalle vendite del libro L’esercito silenzioso – i caregiver familiari sarà utilizzato per sostenere le campagne dell’Associazione Genitori Tosti In Tutti I Posti APS Onlus a favore dei caregiver familiari e delle persone con disabilità.

Il disegno di legge più recente: https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=19&id=1375296

L’esercito silenzioso di Rosita Rosa: https://youtu.be/J-iaNVUyNuw

Isabella Mascaro ha pubblicato “Mamma: scriviamo la tua storia”, un diario per permettere a tutte le mamme di scrivere gli eventi familiari personali più importanti della propria vita, così da poterli rileggere e ricordare nel tempo; e anche Leggi colora ripeti: starai bene!, frasi da colorare, leggere, rileggere, ripetere quotidianamente per stare meglio e affrontare le giornate in modo positivo.

Il libro Come d’aria di Ada d’Adamo: «Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia.». L’autrice purtroppo non è più in vita, almeno non su questa Terra, e ha lasciato in dono questo libro stupendo.

I planner e i tutorial sono solo per un uso privato ed è vietata qualsiasi forma di rivendita.


Ringraziamenti

Ringrazio la community del canale Telegram A Lume di Fare, fatta di persone splendide che non hanno esitato a condividere la loro esperienza su un argomento davvero complesso.

Grazie a Roberto che ha fatto da tramite e mi ha permesso di conoscere l’associazione Genitori Tosti (grazie Alessandra Corradi e Giovanni Barin).

Grazie ad Arianna e a Marta Cocco per la condivisione delle loro storie.

Grazie alla dott.ssa Silvia Spinelli e alla mindfulness trainer Maria Giovanna Oggero per i loro preziosi contributi.


Conclusione

Vorrei che questo testo continuasse a essere collaborativo. Sentitevi libere e liberi di condividere questo link e di aggiungere dei commenti con spunti, testimonianze o consigli utili che possano portare un po’ di supporto alle persone che si prendono cura di altre persone.